Domani a Lecce prima delle partite da vincere per il IV Tricolore
Non nascondiamoci dietro a un dito e, soprattutto, al di là di motivi puramente scaramantici che lasciano il tempo che trovano, non si celino la squadra del Napoli e il suo allenatore Antonio Conte: il maggio azzurro dovrà necessariamente ed obbligatoriamente tingersi dei colori di quattro successi in altrettanti turni di campionato che separano società, staff tecnico, squadra e città dall’agognato e sognato quarto scudetto: secondo della presidenza Aurelio De Laurentiis; pena il pubblico ludibrio, la damnatio memoriae o, come si dice all’ombra del Vesuvio, ‘o scuorno ‘nfaccia imperituro per il tecnico più pagato nella storia della Società sportiva calcio Napoli.
Qualcuno starà chiedendosi perché scriviamo questo e se anche un sorpasso al fotofinish da parte dell’Internazionale Milano, con conferma sulle maglie neroazzurre meneghine del triangolino tricolore, non sarà comunque classificabile come un “miracolo” sportivo di Conte e i suoi ragazzi. A coloro rispondiamo che verghiamo questa affermazione categorica proprio sulla scorta delle parole più e più volte usate dall’allenatore ex Juventus nelle ultime settimane.
Conte ha voluto far credere che, ove lo scudetto fosse arrivato, egli e i suoi avrebbero compiuto un impresa che, al confronto, le stigmate di Padre Pio da Pietrelcina sono null’altro che un gioco di prestigio similsilvan prima maniera. A questo punto, seguendo ed estremizzando il suo ragionamento volto alla beatificazione della sua persona e del lavoro svolto in riva al Golfo, ci sentiamo tranquillamente di affermare che non vincerlo, ora, dopo che Simone Inzaghi e i suoi si sono praticamente suicidati – sportivamente parlando -, per la legge del contrappasso di dantesca memoria sia una vergogna, un’onta, una macchia indelebile che cancellerebbe, annullerebbe, schianterebbe la santità alla quale si è candidato il furbo Antonio da Lecce.
Quindi, mister Conte, non faccia scherzi e scriva il finale che tutti, lei compreso, alle latitudini azzurre aspettano di leggere; altrimenti, a differenza di quello che ha paventato lei in una delle sue ultime, sconclusionate, incomprensibili uscite dialettiche alle quali ha abituato le tifoserie di tutte le squadre nelle quali ha allenato, i napoletani non si arrabbieranno come Bud Spencer e Terence Hill nel film cult degli anni 70, ma di certo, più fedeli alla tradizione eduardiana, una sonora pernacchia, mentre farà le valigie, non gliela negheranno.