Dazi: autosufficienza alimentare priorità per 79% italiani
Il cibo è diventata la prima ricchezza del Paese con una filiera agroalimentare allargata che vale 707 miliardi, dai campi all’industria fino alla ristorazione e alla grande distribuzione, un valore pari a quello di oltre venti manovre finanziarie.
È quanto emerge da una analisi della Coldiretti diffusa in occasione dell’inaugurazione del XXIII Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato da Coldiretti con la collaborazione dello studio The European House – Ambrosetti, a Roma, al Casino dell’Aurora Pallavicini di Palazzo Rospigliosi.

Il Made in Italy a tavola – ricorda Coldiretti – dà lavoro a 4 milioni di occupati ed è sostenuta dall’impegno quotidiano di 700mila imprese agricole e da un’agricoltura da record.
L’Italia vanta il primato nella Ue per valore aggiunto con oltre 42 miliardi di euro nel 2024 ed è al primo posto in Europa anche per valore generato per ettaro, quasi 3000 euro, il doppio rispetto alla Francia e i 2/3 in più dei tedeschi. Non a caso la Fao stima che per ogni euro investito in agricoltura si abbia un ritorno in sviluppo di quattro euro
Leadership anche nella qualità con 328 specialità Dop/Igp/Stg riconosciute, 529 vini Dop/Igp, 5547 prodotti alimentari tradizionali e Campagna Amica: la più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori. Senza dimenticare il primato continentale per il biologico con 84mila aziende agricole attive sul territorio nazionale.
La superficie agricola utilizzata ammonta a 12,5 milioni di ettari, pari al 42% del territorio nazionale. In altre parole, quasi la metà dell’Italia è gestita dagli agricoltori – sempre secondo Coldiretti -.

A trainare i record dell’agroalimentare nazionale è anche l’export che ha raggiunto nei primi sette mesi del 2025 il valore di 42,5 miliardi di euro, in aumento del 6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente – secondo l’analisi di Coldiretti su dati Istat -. Se l’andamento positivo dovesse proseguire, si prospetta un nuovo record storico dopo quello già registrato nel 2024 con 69,1 miliardi.
Un patrimonio dell’economia nazionale che ha tutte le carte in regola per raggiungere l’obiettivo di portare il valore annuale dell’export agroalimentare a 100 miliardi nel 2030.

“La nostra agricoltura ha dimostrato di essere un motore insostituibile di crescita, capace di generare valore, occupazione e identità – dichiara il presidente di Coldiretti Ettore Prandini -. Il cibo è il simbolo più riconoscibile del Made in Italy nel mondo e la prima ricchezza nazionale e la nostra filiera guida l’Europa per sostenibilità e qualità. Un comparto strategico che va difeso con determinazione soprattutto in un momento delicato con conflitti, guerre commerciali ed effetti dei cambiamenti climatici che minano la sicurezza mondiale”.
Gli effetti di maltempo e siccità continuano a colpire le produzioni tricolori con gravi danni che di anno in anno pesano sui vari settori. Un esempio è la frutta con la produzione di nocciole che nel 2025 è stata praticamente dimezzata.
Al clima si aggiungono poi anche gli effetti delle speculazioni come nel caso del grano, i cui prezzi pagati agli agricoltori sono crollati quest’anno sotto i costi di produzione a causa dell’azione di veri e propri trafficanti. Un fenomeno contro il quale ventimila agricoltori della Coldiretti sono scesi in piazza in tutta Italia per portare proposte concrete per risolvere la crisi, proposte condivise dal Governo per voce del ministro Lollobrigida.
Tensioni anche per il vino – conclude Coldiretti, – dove ai primi contraccolpi dei dazi americani si combinano profondi mutamenti strutturali, dinanzi ai quali il settore è chiamato a mettere in campo efficaci strategie di rilancio.

Dinanzi all’impatto di guerre e dazi sulle abitudini di tutti i giorni, gli italiani fanno propria l’idea di sovranità alimentare con il 79% che considera l’autosufficienza nella produzione di cibo una priorità strategica per il Paese, come l’energia, per garantire la fornitura di prodotti in quantità adeguata e a prezzi sostenibili. È uno degli spunti che emergono dal rapporto Coldiretti/Censis “Mangiare bene, malgrado tutto”: diffuso ancora in occasione dell’inaugurazione del XXIII Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato da Coldiretti con la collaborazione dello studio The European House – Ambrosetti, a Roma, al Casino dell’Aurora Pallavicini di Palazzo Rospigliosi con l’intervento di apertura del segretario generale Vincenzo Gesmundo.
Il ritorno della politica di potenza e della geopolitica sta sostituendo la cooperazione multilaterale con logiche di forza e protezione economica – rileva il rapporto Coldiretti/Censis –. In questo scenario, la questione dei dazi diventa simbolo di un nuovo ordine mondiale: non più strumento per regolare la globalizzazione, ma mezzo per ridistribuire la ricchezza attraverso il potere politico, rafforzando le aree considerate “amiche” e isolando le altre.
I dazi Usa
Un esempio sono le tariffe aggiuntive imposte da Trump sulle merci europee che stanno avendo un effetto pesante anche per l’agroalimentare italiano.
Dopo un primo trimestre dell’anno dove le esportazioni negli States hanno visto una crescita media in valore dell’11%, nei primi tre mesi di applicazione dei dazi aggiuntivi al 10%, si è passati al +1,3% di aprile, al +0,4% di maggio e al -2,9% di giugno, per poi arrivare al -10% di luglio – sempre secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat -. E le prime stime della Commissione Ue relative ad alcuni settori cardine come il vino fanno presagire a cali del 30% ad agosto. Secondo l’analisi del Centro Studi Divulga i dazi potrebbero costare all’agroalimentare italiano oltre 1 miliardo di euro, con proprio vino, olio e pasta tra i settori più colpiti.
I rischi degli accordi commerciali senza reciprocità
Ma la sovranità alimentare non è solo una risposta a crisi eccezionali, bensì un modello italiano capace di offrire cibo sicuro e di qualità, in linea con le aspettative dei cittadini. Occorre quindi evitare l’accesso ai mercati nostrani di prodotti che non rispettano gli stessi standard di sicurezza e sostenibilità, approfittando di questo gap per abbattere i prezzi, come nel caso di quegli accordi commerciali che non prevedono il principio di reciprocità delle regole come, ad esempio, il Mercosur o il Ceta.
Non a caso l’88% degli italiani – secondo il rapporto Coldiretti/Censis – ritiene che ai prodotti importati debbano essere applicati gli stessi standard sanitari e ambientali del Made in Italy.
Il caso del grano al glifosate. Aprire i mercati a cibi provenienti da Paesi con norme meno rigorose significa penalizzare le imprese agricole italiane, costrette a rispettare vincoli più severi, e allo stesso tempo ingannare i consumatori con prezzi più bassi ottenuti a scapito della sicurezza. Un caso emblematico è quello del grano: oltre l’82% degli italiani si oppone alle importazioni da Paesi che utilizzano sostanze vietate in Italia, come il glifosato in Canada, secondo Coldiretti/Censis. È uno scandalo denunciato da anni da Coldiretti, poiché ai rischi per la salute dei cittadini si sommano gli effetti dirompenti sulle aziende agricole, che si vedono pagare il grano al di sotto dei costi di produzione per effetto delle manovre di veri e propri trafficanti che inondano il mercato di prodotto straniero, spesso in concomitanza con la raccolta di quello italiano, facendo abbassare le quotazioni.
